L’innovativa tecnica fotografica permise l’acquisizione delle immagini dei lontani corpi celesti osservati con il telescopio, rendendone possibile lo studio e l’analisi anche in momenti successivi.
La fotografia astronomica risale agli esordi della nuova tecnica: tra i primi soggetti che Louis Daguerre (1787-1851) tentò di riprodurre c’era anche la Luna e il primo dagherrotipo sopravvissuto del satellite terrestre fu realizzato nel 1840 dall’inglese John William Draper (1811-1882).
Presso l’Osservatorio del Collegio Romano il gesuita Angelo Secchi (1818-1878) ricorse molto presto alla fotografia: dopo il tentativo di ritrarre l’eclissi totale di Sole del 1851, nel 1858 realizzò le Mappe fotografiche delle principali fasi lunari, il primo atlante della Luna mai realizzato.
Impegnato nello studio dei fenomeni della corona e delle protuberanze solari, Secchi intuì che la fotografia sarebbe stata dirimente nella definizione della natura di quei fenomeni. Così, in occasione dell’eclissi totale di Sole del 18 luglio 1860, organizzò una spedizione scientifica nel Desierto de Las Palmas in Spagna e riuscì a ottenere alcune immagini della fase di totalità. Dal confronto tra le immagini ottenute da Secchi e dall’astronomo britannico Warren De la Rue (1815-1889) a Rivabellosa, fu possibile dimostrare che le protuberanze solari sono reali fenomeni fisici, confermando l’importanza della fotografia nello studio dei fenomeni astronomici.
Alla fine del XIX secolo la fotografia astronomica era ormai tanto avanzata da indurre a un’impresa mai tentata prima: realizzare una mappa fotografica di tutto il cielo stellato, la Carte du Ciel.