La macchina fotografica e i suoi accessori divennero parte integrante dell’attrezzatura degli esploratori, anche nelle zone più inaccessibili e impervie. Vittorio Sella (1859-1943) nella spedizione sul Karakorum del 1909, Giotto Dainelli (1878-1968) in quella del 1913 e Massimo Terzano (1892-1947) nel 1929 realizzarono fotografie affascinanti delle vette raggiunte e dei luoghi esplorati.

Come le vette, anche le profondità della Terra furono ritratte dalle macchine fotografiche di coloro che, sfidando condizioni ardue e pericolose, seguirono esploratori e studiosi, come il giovane Giovanni Battista De Gasperi (1892-1916) nella Grotta di Villanova (Friuli), documentandone il lavoro.

La topografia si avvalse della fotografia, inizialmente, soltanto come ausilio al disegno e, successivamente, come medium per la costruzione di modelli prospettici delle aree da rilevare, inaugurando un nuovo filone di studio, chiamato fotogrammetria. Fra i pionieri furono Michele Manzi e Luigi Pio Paganini (1848-1916), in servizio presso l’Istituto Topografico Militare di Firenze, che, sulla scia degli studi di Ignazio Porro (1801-1875), effettuarono i primi esperimenti sul Gran Sasso e sulle Alpi Apuane.

L’idea innovativa di utilizzare la macchina fotografica con i recenti palloni aerostatici nacque in seno alla Brigata Specialisti dell’Arma del Genio: nel 1896 fu istituita la Sezione Fotografica, che, in collaborazione con quella Aerostatica, realizzò dal pallone i primi rilievi fotografici di Roma, di Ostia, del corso del Tevere, di Pompei e di Venezia. La fotografia permise di avere le prime immagini dall’alto di vaste aree di interesse archeologico, ambientale e urbanistico.

Anche la sismologia e la vulcanologia considerarono la fotografia uno strumento fondamentale per l’analisi e la documentazione dei fenomeni sismici ed eruttivi, nonché dei loro devastanti effetti.