La macchina fotografica apportò ben presto il suo contributo anche allo studio delle specie viventi, animali e vegetali. Le fotografie potevano catturare l’immagine dell’esemplare e mostrarne la crescita e il cambiamento nel tempo.
Le prime fotografie zoologiche ritraevano animali in situazioni di staticità, a causa dei tempi di esposizione piuttosto lunghi. Col tempo, la riduzione dei tempi di esposizione permise di fotografare tutte le specie animali nei contesti più disparati: gli animali domestici furono ripresi al fianco dei padroni ed entrarono a pieno diritto nell’album di famiglia, mentre specie curiose o esotiche furono ritratte alle fiere e negli zoo.
Con le prime fotomicrografie furono svelate anche le parti microscopiche di organismi animali e vegetali: Francesco Malacarne (1779-1855), Francesco Negri (1841-1924) e Giorgio Roster (1843-1927) furono grandi sperimentatori di questa nuova tecnica.
La Stazione Zoologica Anton Dohrn incentivò l’uso della fotografia nello studio della fauna e della flora marine, dotandosi della strumentazione più all’avanguardia per riprodurre esemplari di ogni genere.
La botanica, pur riconoscendo presto l’utilità della fotografia, non abbandonò il disegno, anzi si servì di entrambi per un certo periodo. Odoardo Beccari (1843-1920) solitamente ricorreva al disegno durante le fasi di raccolta e descrizione delle specie incontrate nelle sue spedizioni e alla fotografia per i reperti essiccati da inserire nelle pubblicazioni.
Le fotografie sono anche importanti testimonianze storico-scientifiche di pratiche e usanze: è il caso di quelle conservate presso l’Accademia dei Georgofili di Firenze, che illustrano attività agricole, lavorazioni di prodotti, studi sulle piante e sui loro derivati.